domenica 4 novembre 2007

Tutti i consulenti del governo

Un giornalista di Repubblica pubblica sul portale online un certo reportage scomodo, e poco tempo dopo esso scompare inspiegabilmente dai server. Sfortunatamente, la Google cache sembrerebbe non aver fatto in tempo a salvarlo. Ma.........


C'è un po' di tutto nell'elenco dei 1253 esperti e consulenti a libro paga del governo Prodi. Giuristi e ginnasti, generali e creativi, cinefili e professoresse, ambasciatori e webmaster, giornalisti e rettori, figli della Patria e figli di papà.

Sono 1253: una media di 48 esperti a dicastero, anche se questa - come tutte le statistiche - appiattisce una realtà dove ci sono ministri come Di Pietro e Mastella che dichiarano zero consulenti, e altri, come Rutelli, che con il loro elenco superano - da soli - un terzo del totale: 436.


Una Napolitano, Simona, nipote del presidente della Repubblica, è consulente del ministero dell'Ambiente (per 2800 euro al mese), incaricata di fornire "assistenza e consulenza riguardo le problematiche del settore giuridico e nel settore del diritto informatico, amministrativo e degli appalti pubblici".

Un Mastella, Pellegrino, figlio del Guardasigilli, è consulente del ministero per le Attività produttive con l'incarico di assicurare (per 2700 euro al mese) "attività di collaborazione finalizzata all'approfondimento delle specificità dei modelli anglosassoni".

E un Gambescia, figlio del deputato diessino Paolo, è consulente del ministro per l'Innovazione (1500 euro mensili) "per l'elaborazione e la verifica delle linee programmatiche relative al rapporto tra la pubblica amministrazione e il sistema delle imprese".

Non c'è invece - non ancora, perché il decreto non è stato ancora registrato dalla Corte dei conti - il nome di Angelo Rovati, che dopo essersi dimesso da consigliere di Prodi è stato riassunto una settimana fa come "esperto per il Kazakistan" (specializzazione tanto circoscritta quanto sorprendente).

Nessuno di questi 1253 consulenti diventerà ricco, con gli assegni staccati dal governo.

Ma il primo a essere convinto che queste spese siano eccessive è proprio il presidente del Consiglio, che ha appena firmato un decreto con il quale taglia di un terzo - a partire dal 2008 - la cifra destinata ai consulenti dell'esecutivo.

Certo, anche lui dovrà usare le forbici, visto che al momento la Presidenza del Consiglio conta 120 contratti di consulenza.

E di questi, solo sette - oltre a Renato Ruggiero - hanno accettato di collaborare in cambio di uno spartano rimborso spese.

Tutti gli altri vanno pagati, dai 6000 euro dei componenti del Comitato per la Biosicurezza ai 40 mila di Massimo La Salvia, inquadrato nel Dipartimento Risorse Umane.

I ministri Mastella e Di Pietro, che dichiarano di non avere consulenti al loro servizio, non dovranno tagliare nulla.

Né si potrà chiedere un sacrificio al Viminale, dove Giuliano Amato ha firmato un unico contratto di consulenza (con il professor Francesco Raiano: 30 mila euro annui), e tantomeno alla Difesa, dove Arturo Parisi ha ingaggiato un solo esperto (il dottor Andrea Grazioso, esperto di problematiche strategiche internazionali: 36 mila euro) più due per i suoi sottosegretari. Avranno poco da risparmiare anche il ministro del Lavoro, Damiano, e quello della Pubblica Istruzione, Fioroni, che hanno due consulenti a testa. Ma agli altri, qualche rinuncia potrà essere chiesta.

Prendiamo il ministero dell'Ambiente, che nel bilancio dello Stato pesa per la metà di quello delle Politiche agricole.

Eppure, mentre Paolo De Castro s'è accontentato di otto consulenti, Alfonso Pecoraro Scanio ne ha 344. Invece di averne la metà, ne ha quarantatré volte di più.

C'è un motivo, anzi ce ne sono tre. Il primo è, diciamo così, storico: quando nacque, il ministero (che allora si chiamava "dell'Ecologia") non poté fare nuove assunzioni, così fece un massiccio ricorso ai contratti a termine, cioè alle consulenze: è andata avanti così, dal 1987 a oggi, con il risultato che al ministero oggi il numero dei precari (1319) supera quello degli assunti (1255).

Poi c'è una ragione politica. I ministri dell'Ambiente hanno preso l'abitudine, prima di lasciare la poltrona, di rinnovare i contratti ai loro consulenti per altri quattro o cinque anni, così ogni ministro si ritrova in eredità i consulenti del suo precedessore: come quel Paolo Pontoni a cui il ministro Altero Matteoli, la vigilia di Natale del 2005 ha rinnovato un contratto di consulenza per cinque anni.

Non si sa se Pecoraro sarà ancora ministro, nel 2010, ma di sicuro Pontoni sarà ancora consulente: a 78 mila euro l'anno.

Poi, certo, Pecoraro ci ha messo del suo. Ingaggiando a 100 mila euro l'anno cinque consulenti per il suo gabinetto (tra cui il verde Sauro Turroni, trombato nel 2006). Più otto per i suoi sottosegretari.

Più sette per la Direzione Generale "Qualità della vita".

Più 54 per il servizio "Protezione della natura".

Più 107 per la "Ricerca ambientale".

Più 138 per la "Difesa del suolo".

Più 14 per la "Salvaguardia ambientale".

Più cinque dirigenti di fascia alta (in media 95 mila euro a testa).

Più sei consulenti - tra cui Rubbia - che, bontà loro, non vogliono un centesimo.

Totale, 344.

Ai quali bisogna aggiungere un'altra infornata di consulenti i cui decreti, firmati ad agosto, non sono ancora stati registrati.

Chi sono, i consulenti del ministro dell'Ambiente? Gli ecologisti, ovviamente. E dove si trovano la maggior parte degli ecologisti? Nei Verdi, partito che Pecoraro Scanio conosce benissimo, essendone il leader.

Ecco perché sono proprio dei Verdi, giusto per fare un esempio, 14 dei 20 componenti della segreteria tecnica per la Protezione della natura. Due su tre.

Una scelta, come dire?, naturale. Dovrà sicuramente tagliare nomi e compensi il ministero dei Beni Culturali, che oggi con i suoi 436 incarichi guida la classifica delle consulenze (però bisogna tener conto che vengono messi a carico di Rutelli i contratti stipulati dalle Sovrintendenze di tutta Italia per mostre, convegni ed esposizioni varie). La cifra più alta, 133.250 euro, è andata l'anno scorso alla società Arché, per la "catalogazione dei manoscritti della biblioteca nazionale universitaria di Torino danneggiati dall'incendio del 1904". Ovvero 103 anni fa: non è mai troppo tardi. Giusto per dare il buon esempio, un po' di economia potrebbe farla anche il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa. Che oggi spende un milione 719 mila euro per i suoi 85 consulenti, una media di 20 mila euro a testa. E allo Sviluppo Economico, Pierluigi Bersani forse dovrà dare un'accorciatina alla sua lenzuolata di 69 consulenti (cominciando, magari, dal figlio di Mastella). Poi, certo, anche i ministri "senza portafoglio" (cioè senza fondi propri nel bilancio dello Stato) potrebbero rinunciare a qualche esperto. Emma Bonino, per dire, alle Politiche comunitarie ne ha per nove volte e mezza di quelli su cui può contare Massimo D'Alema. E se il ministro degli Esteri ha scelto come uno dei suoi quattro consulenti giusto il responsabile nazionale diessino degli Italiani all'estero, Norberto Lombardi (25 mila euro annui), la Bonino ha inserito un buon numero di radicali tra i suoi 38 esperti, a cominciare dall'avvocato del partito, Giuseppe Rossodivita, incaricato di studiare "problemi e prospettive intorno all'ipotesi di costituzione di una Procura europea". Problemi, prospettive, ipotesi: per 4000 euro al mese, si può fare. Del resto, così fan tutti. Neanche l'unico ministro di Rifondazione, Paolo Ferrero, ha saputo resistere alla tentazione di nominare due dei suoi tre esperti (Maria Teresa Rosito e Andrea Del Monaco, 45 mila euro l'anno) tra i compagni di partito. Il suo collega dei Trasporti, Alessandro Bianchi (Pdci), ha invece pescato tra i colleghi dell'università: tra i suoi 18 consulenti, ci sono sei professori e un rettore (ma il primo della lista è il responsabile nazionale Trasporti del Pdci, Eduardo Bruno). Forse, con un po' di buona volontà, si potrebbe eliminare qualche incarico dall'oggetto nebuloso. Il ministero per l'Attuazione del programma, per esempio, paga 2000 euro al mese a Sortito Casali per "l'analisi degli obiettivi del programma di governo, in relazione alla possibilità di una loro misurazione tramite indicatori di carattere quantitativo", e altri 1100 euro mensili a Simona Genovese, affinché fornisca una "analisi del programma di governo sia nei suoi aspetti giuridici sia in quelli di carattere operativo". Non si era mai visto, un governo che paga degli esperti per analizzare il suo stesso programma. Ma, come si dice, c'è sempre una prima volta. "

Quelli della domenica in nome di Cristo.

cristo-croce.jpgA volte mi chiedo chi è Cristo, e dove si sia davvero fermato.

In suo nome ho potuto assistere a tutte le scorribande dei politici ed amministratori della Democrazia “Cristiana” con tanto di vessillo e simbolo con croce. Tutti cristiani quelli che hanno distorto danaro pubblico a loro vantaggio, negli anni d’oro dello “scudo crociato”, ricordo ero appena un bambino e già riuscivo a cogliere tutta l’ipocrisia e la falsità di quelle persone che oggi sono diventati (grazie al voto dei poveri ignoranti) intoccabili per diverse generazioni, tant’è che oggi al potere ci sono o potrebbero andare i “figli”, che hanno lo stesso granitico modo di vedere le cose, anche quando sono adolescenti.

Nati vecchi, con un metodo che si tramanda: fregare la gente, con l’apparenza. Apparire Cristiani, apparire disponibili, apparire buoni, onesti, sembrare vicini alla gente con gesti apparentemente caritatevoli ma che nascondono sempre una duplice finalità che è quella del “do ut des”.

Ci sono dei politici che non si perdono nemmeno una funzione, partecipando spesso a tre funerali al giorno.

L’elettore si deve sentire obbligato, perchè hai avuto il garbo di ricordarti del suo congiunto al momento della sua dipartita e sei stato li.

Ma è tutta una manfrina. Loro stanno li ma non gliene frega una mazza di quello che senti e che provi. Sono li per il tuo voto ma di te non gliene frega niente. Lo riesci a capire idiota!

E sempre nel nome di Cristo questa gente affama il popolo per poterselo comprare sempre più a buon mercato nelle tornate elettorali. E pensare che c’è qualcuno che è andato a recuperare il nome ed il simbolo di quella epopea, un idiota che parla con frasi fatte, di cui non ricordo il nome, sembra che sia di Avellino (il nome potrei ricordarmelo ma il personaggio non merita miei sforzi uteriori).Ma alla luce di quello che hanno combinato nella prima Repubblica e quello che stanno facendo nella seconda mi sono fatto una domanda: Ma Cristo starebbe con loro?

Farebbe affari pubblici lucrando in privato? Li lascerebbe fare quando, specie al sud intrecciano gli affari con la politica ed altre “cose”? E cosa succederebbe quando Cristo comincerebbe a diffondere la sua VERA DOTTRINA?

Penso che verrebbe crocifisso altre cento volte, anzi sparato dalla camorra, che come dice Roberto Saviano, oramai veste in giacca e cravatta e ti fa sparare dalla sua manovalanza.

Ma la domenica successiva te lo ritrovi in chiesa, (quando non fa il pellegrinaggio a Padreppio :)) ed il bello è che APPARE più cristiano di te.

sabato 3 novembre 2007

E’ online il primo numero di GRILLINOLANI.

E’ online il primo numero di GRILLINOLANI.

November 3rd, 2007

E’ online il primo numero di GRILLINOLANI.

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domenica 28 ottobre 2007

Cibi al veleno, mozzarella e carne

CASERTA - Le mozzarelle galleggiano nella vasca di raffreddamento. Sbattono una contro l'altra. Hanno cortecce nodose, imperfette. Il tempo di arrivare a temperatura, di rassodarsi, e un nastro d'acciaio le destina alla salamoia, ultima liturgia prima del confezionamento.

"Queste se ne vanno in America" fa il casaro senza staccare gli occhi dalle sue creature. Sono mozzarelle di bufala taroccate. Piene di latte boliviano. Latte in polvere rigenerato, corretto col siero innesto e mischiato con quello locale casertano, che costa quattro volte tanto e per questo sta attraversando un periodo di vacche magre. Il "boliviano" arriva ogni settimana via Olanda ai porti di Napoli e Salerno. Con le loro autocisterne i produttori campani si attaccano alle navi come fossero mammelle. Fanno il pieno. Poi riempiono i serbatoi dei caseifici. Agro aversano, litorale domizio, alto avellinese, salernitano.

Incrociano e imbastardiscono. E guadagnano. Le bufale bolicasertane il casaro le piazza sul mercato a 6 euro al chilo anziché 9. Per produrle spende una miseria. La materia prima per fare un chilo di mozzarella costa circa 5 euro. Il latte di bufala 1,35 al kg. Con 1 kg di latte boliviano (50 centesimi) di chili di mozzarella se ne fanno 5. Una "bufala" delle bufale che ammazza il mercato. Una delle tante sofisticazioni che infettano le terre da dove vengono i migliori e anche i peggiori prodotti agro alimentari su piazza. Puglia, Campania, basso Lazio.

E' un mondo senza etica e con regole fisse (le loro) quello dei pirati della tavola. Abbattere i costi. Creare un prodotto mediocre, a volte immangiabile. Che però viene immesso normalmente sul mercato. Rischi bassissimi, ottimi guadagni, possibilità di riciclare ingenti quantità di denaro. "Il business più fiorente è il riciclaggio di prodotti scaduti - dice il colonnello Ernesto Di Gregorio, comandante dei Nas di Napoli con delega su tutto il Sud - . Poi, certo, i tarocchi: latticini, olio, vino, concentrato di pomodoro, carne, pesce". Sconfezionano e riconfezionano gli spacciatori di cibo. Appiccicano etichette posticce, "rinfrescano" prosciutti e salami. Tengono in vita la carne con nitrati e solfiti. I primi abbattono la flora batterica, i secondi mantengono il colore.

Così hamburger e salsicce possono resistere per giorni, senza dare nell'occhio, al banco della vendita. "Tagliano" le mozzarelle, le sbiancano, le gonfiano. Allungano e colorano l'olio, impestano il vino. Sganciano bombe sul nostro sistema gastrointestinale e circolatorio.

Sono banditi della tavola. Professionisti della frode capaci di inserirsi nella catena della piccola e della grande distribuzione, di puntellare con quintali di merce truccata un mercato che rende qualcosa come 1 miliardo di euro l'anno. Smerciano prodotti che invadono le nostre tavole, che riempiono gli scaffali delle botteghe e dei supermercati, che ritroviamo proposti nei menù dei ristoranti e in quelli meno ambiziosi delle mense e delle tavole calde. Aziende, uffici pubblici, navi, caserme. "Vede, queste invece vanno al Nord. Ormai su la bufala la trovi dappertutto, e la compri anche bene". L'uomo ha un faccione ispido. I polpastrelli duri e ustionati (mettete le mani nella pasta di latte a 90 gradi per vent'anni).

I modi smaliziati del sensale di un tempo. Apprezza il "don" anteposto al nome. "'A bufala piace a tutti, ce la chiedono, e noi gliela mandiamo... ", gongola. E' un produttore sofisticatore. Tarocca mozzarelle e ricotte. Le produce mischiando latte bufalino locale e latte congelato e liofilizzato proveniente dall'estero. Cagliate targate Romania, Ungheria, Polonia, Estonia, Lituania. E, ultima novità, il "boliviano". "Almeno la metà dei 130 caseifici che hanno il marchio Dop sofisticano la mozzarella di bufala", è l'allarme lanciato da Lino Martone, segretario del Siab, il sindacato degli allevatori bufalini di Caserta. "Non è così, il prodotto Dop, almeno quello, lo garantiamo", replica Luigi Chianese che del consorzio Mozzarella di bufala campana è il presidente. "Con gli altri prodotti forse qualche problemino c'è - ammette - ma dobbiamo ancora capire bene dove sta".

Pare tutto perfetto, tutto normale in questo caseificio di Cancello e Arnone. Alto casertano, 5 mila anime a cavallo delle due rive del Volturno. Una densità casearia pari a quella camorristica. Trattori e Mercedes tirate a lucido. Fa impressione vederle scivolare tra le campagne impregnate di diossina (per questo, dice Guglielmo Donadello di Legambiente, "la mozzarella campana oggi è uno dei prodotti più pericolosi d'Italia"). Al volante, uomini in canotta e in età matura. Accade a Casal di Principe, a Castel Volturno, a Grazzanise, a Marcianise. Sono i feudi del clan dei casalesi, i potenti camorristi le cui fortune milionarie poggiano soprattutto sul calcestruzzo. Ma non solo. Nascono come allevatori e casificatori i casalesi, molti di loro continuano il mestiere (come racconta un'indagine della Dda di Napoli). Le famiglie Schiavone, Zagaria, Iovine: ognuna ha parenti che allevano bufale e vacche. Ognuna rifornisce caseifici o ne possiede.

Come Claudio Schiavone, cugino del boss Francesco "Sandokan" Schiavone. Una stradina defilata di Casal di Principe. Vendita di latticini al minuto. Dicono le mozzarelle di bufala più buone della zona. "I più bravi nel settore sono proprio loro, i casalesi", ragiona un esperto che è anche conoscitore delle tecniche di adulterazione dei derivati del latte.

Ci sono caseifici che spuntano come funghi nella notte. Senza licenza edilizia. Vi lavorano, in media, una decina di persone. Se il capo ordina, bisogna obbedire. Truccare. "Il latte di bufala concentrato, unito al siero dolce, ti dà una mozzarella gonfiata dieci volte superiore al normale" - spiega ancora Martone che ha presentato una denuncia alla Procura della Repubblica. C'è qualcosa che non va nell'area dop (250 mila bufale) da Latina a Foggia passando da Caserta e Salerno.

"Molte aziende rifiutano il latte di bufala nostrano. Il prezzo alla stalla è sceso di 20 centesimi al litro. Eppure la produzione di mozzarelle non diminuisce, anzi. E allora: con che latte le fanno?". Con le cagliate romene. Le congelano di inverno e le scongelano d'estate, quando la richiesta di latticini aumenta del 30 per cento. Per sbiancarle (arrivano in Italia scurite dal tempo e dal viaggio) usano la calce e la soda caustica. La usano anche per correggere l'acidità della mozzarella. O per "tirare" la ricotta, perché così si accelera il processo di separazione del grasso dal siero e si favorisce l'affioramento del formaggio fresco. In certi caseifici tengono scorte di sacchi di calce.

"Quando li becchiamo il casificatore si giustifica dicendo che serve per pitturare una parete scrostata" - dice il colonnello Di Gregorio. Dal suo ufficio all'ultimo piano di una torre del centro direzionale di Napoli, tra la Procura e il carcere di Poggioreale, si domina un pezzo di città. "Sequestriamo di tutto, anche l'inimmaginabile. La calce qui la mettono pure sullo stoccafisso, per sbiancarlo e renderlo più morbido".
Ne combinavano di tutti i colori al mercato ittico di Porta Nolana, il più antico di Napoli. I Nas l'hanno chiuso il 29 luglio. Sequestro di tutta l'area. Rivolta dei venditori. Decine di cassonetti bruciati. Igiene sanitaria da suk terzomondiale. Molluschi turchi e greci importati coi Tir, moribondi, marci, rianimati con acqua di mare. Anguille cinesi vendute come pescato locale.

Dal mare si risale verso i piccoli centri dell'entroterra campano. Per fare una prova abbiamo bussato in una macelleria dalle parti di Baiano, ai confini dell'Agro Nolano: "Ho della carne in scadenza, manzo, la ritirate?". "Per questo mese siamo a posto, ma se ripassate tra una decina di giorni ve la ritiro", ha risposto il figlio del titolare. Siamo in area dot: denominazione origine tarocca. Mani esperte manipolano i cibi, li ingentiliscono dopo averli acquistati già "avviati" dall'Est europeo. Prendiamo la pummarola. "Le importazioni dalla Cina sono triplicate del 207 per cento, con un trend che porterà in Italia oltre 150 milioni di chili a fine anno - spiega Vito Amendolara, direttore della Coldiretti campana - Il concentrato di pomodoro che arriva a Napoli e Salerno viene rielaborato, riconfezionato, etichettato e esportato come Dop".

Un flagello, da queste parti, la sofisticazione. I rapporti delle operazioni dei Nas e dei Nac dei carabinieri disegnano una mappa che parte dal Lazio, taglia la Campania e piega verso Puglia e Sicilia, lambendo anche la Basilicata che si sta affacciando sul mercato della pirateria agro alimentare. Cinquecento chili di capperi marocchini spacciati come "di Pantelleria". Quintali di miele moldavo pieno di pesticidi. Centinaia di fusti di sale industriale - estratto dalle saline nordafricane infestate dai colibatteri fecali - smerciato come sale alimentare. Tutta roba scoperta nell'hinterland napoletano, e destinata con marchio falsificato al mercato nazionale e internazionale. Sulla torta del cibo truccato la camorra ha messo le mani da tempo, assieme alle organizzazioni criminali dell'Est europeo e cinesi. Un coinvolgimento organico di cui la Dia ha preso atto. La stessa cosa avviene in Puglia. Qui il prodotto taroccato per eccellenza è l'olio. La molitura delle olive e l'imbottigliamento rappresentano, da soli, il 2 per cento del Pil regionale.

Peccato che gli ulivi siano diventati terra di conquista dei corsari. L'extravergine d'oliva "corretto": è questo il loro fiore all'occhiello. Importano olio di colza o di nocciolino dalla Spagna, dalla Turchia, dalla Grecia, dalla Tunisia. Lo allungano col verdone per dargli il colore. Lo profumano. "Almeno il 75 per cento del nostro olio non ha una chiara origine certificata - dice Antonio De Concilio della Coldiretti pugliese - . In pratica è ad alto rischio sofisticazione". Un litro di extravergine vero costa 5 o 6 euro, farlocco 50 o 60 centesimi. Ma dove finisce? Chi lo compra? Finisce nelle grandi catene dei discount. Nelle botteghe di paese. Nelle mense pubbliche e private, nelle pizzerie.

Ne ordina grandi partite chi deve sfamare senza pretese tante persone. Come il vino a 50 centesimi a bottiglia. Rita Macripò è il presidente delle Cantine Lizzano, Taranto, dal 1957: 21 dipendenti, 600 soci consorziati. "Come fanno? Acquistano uva da tavola, la correggono con acido tartarico e coloranti. Quando i Nas o la Guardia di Finanza vanno nelle aziende - a volte sono semplici cisterne e basta - nell'ufficio anziché i libri contabili trovano le pistole". Sta girando una voce nel tarantino. Gli investigatori la ritengono attendibile. Dei produttori locali avrebbero ordinato partite enormi di tannino cinese di origine sintetica. Servirà a "correggere", a produrre bottiglie da vendere a 40 centesimi.

"Certe catene se ne fregano che sia robaccia - dice Macripò - . La comprano e basta. Faccio un esempio. A Taranto ci sono 40 mila marinai. Vuol dire un quarto di vino a testa al giorno. Fanno 10 mila litri al giorno, cioè 100 quintali, cioè 365 quintali l'anno. Secondo lei la Marina Militare che vino compra? Il nostro che costa 2,5 euro o quello che costa 40 centesimi? Pretendono tutti prezzi sempre più bassi. Così i produttori onesti vengono sbattuti fuori dal mercato".

A fianco del listino prezzi abbattuto, scoprendo i magheggi dei pirati agroalimentari, ritornano alla mente i sacchi di calce. I caseifici a scomparsa e le mozzarelle drogate. L'olio pitturato, il vino sintetico. Il pesce in coma. Il menù dell'altra alimentazione.


(23 ottobre 2007)

sabato 27 ottobre 2007

Contro di me i poteri occulti Ora rischio pallottole e tritolo


Non è abbattuto. Non è prostrato. Ma «questa pugnalata alle spalle» Luigi de Magistris, professione pm, non se l'aspettava. Il «pugnalatore » si chiama Dolcino Favi, un avvocato generale dello Stato che da gennaio 2007 fa il procuratore generale reggente a Catanzaro. Favi ha avocato a sé l'inchiesta Why not, quella in cui sono indagati il presidente del Consiglio, Romano Prodi (abuso d'ufficio), il ministro della Giustizia Clemente Mastella (abuso d'ufficio, finanziamento illecito ai partiti, truffa all'Unione europea e allo Stato italiano) e una schiera di politici, affaristi, militari, magistrati, massoni.

Allora, dottor de Magistris, c'è una strategia in ciò che sta accadendo?
«È evidente. C'è una strategia in atto. Una strategia ben nota all'Italia. Si chiama strategia della tensione».

Come fa a dirlo?
«Le intimidazioni istituzionali, le pallottole, la richiesta di trasferimento da parte del ministro, e da ultimo l'avocazione di un'altra mia indagine e la fuga di notizie sull'iscrizione del ministro tra gli indagati, tutto questo è opera di una manina particolarmente raffinata».

Quale manina?
«Poteri occulti. Massoneria, soprattutto. Coadiuvati da pezzi della magistratura, non solo calabrese, che in questa vicenda hanno svolto un ruolo fondamentale L'ultimo gol, secondo questo ragionamento, lo hanno fatto segnare al procuratore generale Favi? «Beh, è un dato di fatto che il dottor Favi, soprattutto negli ultimi mesi, sembra che abbia svolto soltanto un ruolo: una intensa attività epistolare in cui si è occupato di me, come magistrato e come persona fisica. Voleva togliermi anche l'inchiesta Toghe lucane. Finora non c'è riuscito, ma non è detto che non abbia già pensato di concludere il lavoro ».

Per quali ragioni lei teme che si voglia spingere il Paese in un clima da anni di piombo?
«Perché con questa avocazione, me lo lasci dire, torniamo alla magistratura fascista, forte con i deboli e debole con i forti. Davanti alla legge, i potenti non sono uguali come tutti gli altri. Questo è il messaggio. E il pericolo è che si apra la strada a un periodo buio: ognuno stia al suo posto e non si immischi, perché rischia ».

Lei rischia?
«Certo. E non solo io. Anche tutti gli altri che si sono occupati di queste vicende. E tutti i cittadini».
Cosa si rischia?
«Dopo un'avocazione di un'inchiesta del genere, distrutto lo Stato di diritto, rischi le pallottole e il tritolo».

Come le pallottole inviate a lei e al gip di Milano, Clementina Forleo, firmate Brigate rosse?
«Ma quali Brigate rosse! Per fortuna, oggi siamo in un momento storico diverso, non c'è il terreno di coltura dell'ideologismo fanatico degli anni '70 e c'è una grande attenzione al tema dei diritti. No, non c'è il rischio di iniziative violente da parte di improbabili sigle terroristiche vecchie e nuove. Quei proiettili inviati a me e alla collega Forleo provengono da settori deviati di apparati dello Stato, che già in passato hanno messo in pericolo le istituzioni e oggi cercano di riprodurre quel clima».

Dica la verità, lei ritiene che sia in atto un golpe giudiziario?
«La parola golpe la usa lei. Certo è che è accaduta una cosa senza precedenti, della quale non so ancora ufficialmente nulla, poiché nulla mi è stato notificato. L'ho appreso dall'Ansa. No, non mi pare ci siano più le condizioni per fare il magistrato, specie in Calabria, avendo come punto di riferimento l'articolo 3 della Costituzione (principio di uguaglianza di tutti i cittadini, ndr) ».

Da quand'è che si trova sotto tiro?
«Da quando ho cominciato a indagare sui finanziamenti pubblici europei. Da allora, è scattata la strategia delle manine massoniche. Questo di oggi è solo l'ultimo atto. Staremo a vedere quali saranno i prossimi, visto che ormai sono considerato un elemento "socialmente pericoloso"».

La accusano di aver iscritto Mastella nel registro degli indagati per ritorsione, per la storia del trasferimento.
«Falso. Le indagini, come tutti sanno, avevano un loro corso, che non poteva essere intralciato da attività esterne. Nemmeno da una richiesta di trasferimento, che appunto è da considerarsi un'attività esterna. La domanda da fare è un'altra».

La faccia.
«Mi chiedo: chi e perché ha fatto venir fuori la notizia dell'iscrizione di Mastella? E come mai è stata fatta pubblicare una cosa non vera, e cioè che Mastella fosse indagato anche per violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete? ».

E che cosa si risponde?
«Che è opera della stessa manina raffinata. Suggerisce qualcosa il fatto che prima ancora che le agenzie lanciassero la notizia, Mastella abbia dichiarato che con le associazioni massoniche lui non ha nulla a che fare?».

In questo scenario, le misure di sicurezza per lei sono state rafforzate?
«Non ne so nulla. So che continuo a mettere di tasca mia la benzina a un'auto blindata che è un baraccone, tanto che non può spostarsi nemmeno fuori Catanzaro».

E la riunione di giovedì scorso del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica? «Come no. Mi hanno detto che vi ha preso parte anche il procuratore aggiunto Salvatore Murone (sul quale indaga la procura di Salerno, per fatti relativi a inchieste del pm de Magistris, ndr). La cosa un po' mi inquieta, poiché ritengo che proprio Murone sia uno dei principali responsabili del mio isolamento istituzionale, oltre che uno degli autori dell'attività di contrasto nei miei confronti all'interno dell'ufficio giudiziario».

Allora è vero che quella di Catanzaro è un'altra «procura dei veleni»?
«No. Non è così. Con la gran parte dei colleghi io ho un rapporto ottimo. Ma quando arrivo in Procura mi guardo lo stesso alle spalle. C'è nei miei confronti, e le vicende degli ultimi tre anni lo dimostrano, una precisa attività di contrasto, messa in atto verso ben precise indagini e svolta da parte di ben individuati soggetti».

Cosa pensa della telefonata dell'altro giorno tra i suoi indagati Prodi e Mastella che il premier ha definito «cordiale»?
«Non parlo delle indagini in corso, lo sa». Dopo questa intervista, non l'accuseranno di aver avuto un «disinvolto rapporto » con la stampa? «Questo è davvero paradossale. Sono io che ho subito i danni creati dalle fughe di notizie. E poi, adesso basta. Il momento è troppo grave. E quindi ritengo di potermi svincolare dal dovere di riservatezza che mi ero imposto, mentre tutti gli altri facevano con me il tiro al bersaglio ».

Pensa che debbano intervenire capo dello Stato e Csm?
«Sì. Lo spero. Non so perché il presidente Napolitano non sia ancora intervenuto. Confido che lo faccia il Csm, a tutela dell'autonomia e indipendenza di tutti i magistrati. Anche di quelli che lavorano in Calabria». Carlo Vulpio

Nola: apre il meetup di Grillo. Rinnoviamo la politica anche nel Nolano.

Nasce Il meetup di Beppe Grillo di Nola, per il rinnovamento della politica dell'Area Nolana, una zona molto difficile, dove i confini tra istituzioni ed altre organizzazioni non sono ben chiari, dove la domanda di trasparenza è vista come una minaccia, dove in silenzio burocrati ed "affaristi", intrecciano continuamente le loro trame. La politica in questo posto è diventata l'unica risorsa, il voto è l'unico "passepartout" per accedere ad un lavoro, con un tasso di ignoranza (in alcune aeree) da terzo mondo. La gente qui è abituata alla "gestione feudale della politica" e personaggi come Mastella, attraverso i suoi preposti, fanno man bassa del consenso popolare in cambio della milionesima parte di quello che spetterebbe a questa gente di diritto. Siamo abituati agli amministratori locali che ragionano sulla base del "do ut des" e niente e sottolineo niente viene fatto e realizzato per il semplice bene comune della società. Si strumentalizza tutto, e tutto viene fatto per clientela. Privilegi, concessioni, chiusure di entrambi gli occhi sulle costruzioni e sugli abusi edilizi.... insomma cose che sappiamo tutti e che tutti non vorremmo vedere più, ma qui sono la normalità.

Sotto c'è del materiale promozionale da scaricare stampare e divulgare:

Tear-off Flyer -
I Biglietti del Meetup
Event Invitations -
Table-top Sign - cartoncini da Tavolo

Beppe Grillo Meetups